Maggio 14, 2022 Irene Ivoi

Storie di Cassonetti, ambassador ed etichette emotive per un nuovo design della raccolta dei rifiuti tessili

Quest’anno nel corso di perfezionamento in Prodotti sostenibili e circular design di Iuav Vicenza, Laura Badalucco mi ha chiesto di svolgere nuovamente un workshop sul nudge design finalizzato a illustrare la logica nudge, il perché funziona e come declinare lo strumento su un paio di temi.

Già nel 2021 l’abbiamo sperimentato perseguendo dei risultati molto originali; il che ci conferma nudge e design anche in ottica circolare promettono bene insieme.

Uno dei temi affrontato progettualmente quest’anno dagli studenti, riguarda la raccolta differenziata degli abiti usati, ci cui ho anche parlato nell’ultimo articolo pubblicato in Diario di Nudge.

Obiettivo: come agire con tecniche nudge per spingere i cittadini a fare RD di qualità e quantità su abiti usati.

Che cosa ne emerge?

  • I cittadini sanno poco del destino degli abiti usati, spesso la comunicazione su ciò che succede dopo la raccolta è confusa, inefficace. Ciò che in genere sanno gli operatori, è ancora un tunnel misterioso per chi conferisce.
  • I cassonetti stradali destinati ad accogliere questi rifiuti versano spesso nel degrado e nel disordine; potete immaginare quanto ciò non aiuti ad agire comportamenti adeguati
  • Noi conferitori ci ritroviamo in una condizione di imbarazzo quando dobbiamo gettare questi rifiuti che spesso mescolano capi ancora utilizzabili e altri logorati, danneggiati e inutilizzabili; quindi il conferirli tutt’insieme diventa un problema.

 

Gli studenti nell’immaginare delle soluzioni hanno dovuto fare i conti con quest’insieme di fattori che hanno esplorato e sono diventati un faro per molti di loro; che infatti hanno scelto di agire sull’oggetto CONTENITORE e quindi sulla necessità che esso sia pulito, capace di esprimere messaggi ordinati e ricchi di informazioni, anche con specifiche sul destino delle singole fibre che, come ben sappiamo essendo diverse (e spesso miste), danno luogo a esiti differenti.

E poi i contenitori possono essere distinti per capi da destinare a riutilizzo e non, possono essere itineranti (come già avviene per altre raccolte urbane), possono sparire facendo si che la raccolta avvenga tramite sacche dedicate da portare in punti vendita o con modalità porta a porta.

 

Alcuni studenti hanno immaginato azioni dedicate a influencer cittadini affinché diventino ambasciatori di buona condotta in accordo con punti vendita, che con block-chain tracciano il raccolto, dandone evidenza per chi vuole saperne di più nel tempo.

In questo caso l’intercettato viene esposto in mini-serre trasparenti e modulari nei punti vendita, cioè serre adattabili per dimensione alla taglia dell’esercizio commerciale con, come effetto di secondo livello, vantaggi di cura e trasparenza.

Altri hanno pensato al coinvolgimento di ambasciatori della buona causa che, con cornice ad hoc attivabile con QRcode, rendono virali con foto i propri buoni comportamenti. E bisogna ammettere che in tale direzione l’uso di social e quindi in alcuni casi di numerosi follower è un fatto che realmente abita la mente dei giovani e assume per loro un profilo di rilievo.

 

Infine un paio di idee molto suggestive agiscono sul canale emotivo e affettivo che per alcuni capi di abbigliamento lega l’item al suo proprietario. Come rendere quindi narrante un item a cui il conferitore è sentimentalmente legato? Questo è uno spunto prezioso per immaginare delle raccolte dedicate in contesti ad hoc. Ecco allora che appaiono delle etichette aggiuntive che esprimono quel link, che raccontano una storia e che saranno lette da chi riceverà quel bene in grado di vivere una seconda vita.

E se la storia migliore vincesse un premio? Ovviamente morale perché siamo in una logica nudge 😉 😉

 

 

E infine nessuno di loro ha lavorato sulla DISTRAZIONE, che resta, a mio avviso, una delle ragioni principali per cui anche in area green si mettono in atto comportamenti sbagliati. Proust era ottimista quando diceva che “è sempre distrattamente -senza volerlo- che ci imbattiamo nella verità”. Nel nostro tempo la Distrazione è un virus che non produce verità quasi mai meritevoli di esempio. Anzi genera armadi obesi e quindi ben più complessi da gestire.

Cross finger allora …..e vediamo in futuro come lavorare sulla DISTR-Azione

Irene Ivoi

Mi sono laureata in industrial design con una tesi di economia circolare nel 1992. L’economia circolare in quel tempo non esisteva ma le ragioni per cui avrebbe dovuto esistere mi erano chiarissime. E per fortuna sono state la mia stella polare. Da sempre progetto strategie, comunicazioni, azioni, comportamenti ispirati ad un vivere più ricco di buon senso e con meno rifiuti.