Aprile 19, 2022 Irene Ivoi

Interroghiamo i nostri armadi per fare migliori raccolte differenziate di abiti usati

Avviare raccolte differenziate di rifiuti tessili o abiti usati (come si usava dire per addolcire la pillola) è diventato un obbligo e non più un optional dal 1 gennaio di quest’anno.

Qualcuno immaginava una proroga, visto che siamo ben abituati a storni di questo genere quando le scadenze arrivano in assenza di adeguata preparazione.

E invece non c’è stata!

Il che vuol dire che il sistema pubblico di organizzazione di tali raccolte poteva assorbire, con soluzioni più o meno degne, il nuovo obbligo.

E così è stato.

Tale obbligo non dichiara obiettivi numerici da raggiungere ma si suppone che l’avvio a riciclo di tali quantità andrà ad accrescere la percentuale di riciclo del comune o dell’aggregato di comuni. Come ben sappiamo il riciclo è una delle destinazioni possibili e sarà quanto più possibile grazie ad un nuovo ecodesign dei manufatti tessili, fortemente auspicato anche dalla recente Strategia europea per i prodotti tessili, licenziata dalla Commissione Ue il 30 marzo 2022.

La raccolta selettiva è però propedeutica anche al riutilizzo che comporta meno dispendio di energia e allunga la durata di vita del bene.

Come farla ispirandosi anche a principi nudge?

Intanto ponendosi delle domande sulle motivazioni individuali che sottendono i comportamenti auspicati.

Credo sia utile cioè decidere di conoscere il contesto socio-culturale-economico in cui si opera (il che è tutt’altro che banale anche se tale può apparire) perchè è da ciò che conseguono anche le idee necessarie per progettare spinte spintili.

Non tutti infatti veniamo motivati ad agire al meglio nello stesso modo. 

Chi per attitudine ha cura dei propri vestiti, per destinarli a RD potrebbe essere motivato da conoscenza del destino del capo e da un cassonetto migliore. Esso è il tramite peraltro tra il nostro armadio e la vita futura di qualsiasi capo di abbigliamento.

Quindi è un mezzo potente che può diventare narrante o capace di attivare piccole esperienze o sentimenti di credibilità e fiducia verso la ridestinazione dei nostri vestiti,

Questo ragionamento mi fa venire in mente l’operazione della pizza Dominos negli Usa che più di 10 anni fa, nell’ambito di un riposizionamento del brand, ha inventato il servizio Smart Track applicato alla pizza. il che significa che l’attesa di una pizza, che arriverà a casa, diventa un’esperienza che il cliente può seguire nelle sue fasi: stesura della pasta, messa in forno, imballo, percorso in motorino, campanello di casa.

L’attesa diventa un’esperienza, e quando hai anche fame bisogna esser bravi a trasformare la fame in esperienza.

Torniamo a noi: se destinare ad altri un capo diventasse un viaggio in un mondo a noi sconosciuto che via via si svela per poterlo quindi apprezzare, i sentimenti verso il gesto della RD si arricchiscono di FIDUCIA.

Una parola immensa.

Perchè è spesso l’assenza di FIDUCIA che mina i nostri comportamenti rendendoli meno utili di quanto potrebbero essere.

E poi conoscenza del viaggio dei miei abiti serve anche a ridurre la fatica emotiva dell’abbandono.

Perché noi abbiamo con i nostri vestiti un rapporto quasi intimo: li abbiamo indossati, amati, ci siamo sentiti bene con molti di loro oppure alcuni ci ricordano periodi, persone, affetti da cui fatichiamo a separarci (il che è molto molto vero per fasce di popolazione più adulte).

Attivano cioè delle relazioni con noi che assomigliano quasi a quelle che abbiamo con degli oggetti domestici o dei libri.

L’atto di separarcene merita rispetto e quindi va facilitato.

Come? Come trasformare la conoscenza in narrazione e in sussulto emotivo tali da mettere in moto comportamenti adeguati? 

questa è la domanda che segue il ragionamento fatto finora (la cui impostazione è già nudge) e a cui si può rispondere anche con delle spinte gentili.

Immaginando per esempio dei cluster a cui destinare delle campagne specifiche per colore o per tipologia di capo un po’ come quando si organizzano delle sagre del carciofo o del gelato, agendo cioè su temi definiti,

oppure attivando il principio della norma sociale, sempre potentissimo.

oppure organizzando delle giornate finalizzate a cessioni dirette e dichiarate magari con una forma di pre-engagment del target (effetto gelo).

oppure offrendo per chiunque ne abbia bisogno dei servizi di Non distrazione e di cura degli armadi per aiutare ad organizzare i propri spazi, come alcuni già fanno professionalmente, visto che la confusione che regna talvolta nelle nostre case, che si trasformano in depositi non controllabili di ciarpame, è un tema con molte relazioni con le raccolte differenziate.

Su questo argomento tornerò a scrivere tra un mese grazie ad un work-shop di nudge design in corso allo IUAV e i cui esiti saranno raccontabili presto.

Irene Ivoi

Mi sono laureata in industrial design con una tesi di economia circolare nel 1992. L’economia circolare in quel tempo non esisteva ma le ragioni per cui avrebbe dovuto esistere mi erano chiarissime. E per fortuna sono state la mia stella polare. Da sempre progetto strategie, comunicazioni, azioni, comportamenti ispirati ad un vivere più ricco di buon senso e con meno rifiuti.