Giugno 9, 2025 Irene Ivoi

Qualche novità sul perché lasciamo cibo nei piatti….in mensa!!

Il design comportamentale e il nudge design mi hanno fatto riflettere molto negli anni, sullo spreco di cibo in vari contesti: dalle mense scolastiche o lavorative fino alle aree colazione degli hotel.

In ognuno di questi, tanti sono gli esperimenti che negli anni hanno indagato le motivazioni e le soluzioni capaci di contrastarlo.

Il tema infatti scotta e le performance, nonostante l’impegno collettivo e individuale e le norme che hanno aiutato tante buone pratiche, non migliorano sempre.

A ciò si aggiunge poi che più siamo (o ci sentiamo) poveri, tanto più spendiamo meno per acquistare cibo…e cosa ne consegue?

Ne sprechiamo di più!

Perché, come diceva mia suocera, “il mercato, ti marca”.

Tradotto in parole poverissime significa: che spendere poco ti fa credere di aver fatto un affare, ma in realtà la scarsa qualità genera maggiori rifiuti, proprio perché abbiamo comprato prodotti di basso pregio.

E questo è verissimo nell’abbigliamento o nell’oggettistica ma è altrettanto vero anche nel mondo del cibo.

Facciamo un po’ di ordine però e torniamo allo spreco di cibo e ai luoghi in cui si inscena questo mini-dramma perché tra frigoriferi domestici, ristoranti e bar, supermercati e esercizi al dettaglio, hotel e mense c’è da scegliere un contesto e capirne i comportamenti specifici se si vuole intervenire con efficacia.

Ed è da qui che nasce la storia di Behavix, startup insediata da qualche mese presso il Polo Tecnologico di Trentino Sviluppo a Trento.

I due founder Massimiliano Carraro, ingegnere ambientale, e Stefania Malfatti, economista comportamentale, sono partiti dall’analisi dei comportamenti in una mensa privata, quindi ancora una volta i nostri gesti sotto i riflettori.

Innanzitutto hanno notato quanto cibo restava nei piatti, poi lo hanno fatto misurare (circa 50 gr/die/procapite) e si sono davvero chiesti perché, visto che peraltro in quella mensa si mangiava bene.

Per rispondere a questa domanda, serviva interrogare quelle persone e loro, in accordo con la direzione interessata a evitare sprechi di cibo e di economie, lo hanno fatto.

Cosa hanno scoperto?

Che il cibo che restava nei piatti e generava l’ammontare dello spreco non dipendeva tanto, come tutti pensano, da piatti troppo riempiti al self service (occhi più grandi della bocca) bensì prioritariamente da altri fattori.

Per esempio: stress che talvolta ti impedisce di mangiare e blocca l‘appetito, temperatura del cibo oppure temperatura dell’ambiente magari poco accogliente perché troppo calda o fredda fino al  punto da tradursi in disagio, e poi tempi stretti e quindi scarso tempo da dedicare al pasto…

Stiamo parlando di ragioni individuali e contestuali che influenzano i nostri singoli gesti.

E Behavix ha richiesto feedback anche allestendo le sale mensa (cavalieri sui tavoli per esempio) per sollecitare l’attenzione delle persone (anche proponendo loro un caffè in più) e incassare riscontri tesi a comprendere meglio le migliorie possibili.

Poi, grazie anche all’immancabile AI, si possono correlare i fattori che concorrono agli output oggetto dell’osservazione allo scopo di aiutare chi gestisce i pasti a farlo con più attenzione rispetto all’intera catena di fornitura.

Il che conduce a economie di filiera oltre che minori sprechi.

A breve Behavix debutterà anche con una web app che profilerà gli utenti e proporrà loro un diario alimentare individuale che li aiuterà ad avere più consapevolezza su cosa ti piace e cosa no e seguire con più meticolosità una dieta aderente ai propri desideri.

Questo è un aspetto molto interessante del cosiddetto behavioural design che, come ho scritto anche nel mio libro, oggi permette a sistemi intelligenti di sapere meglio di noi cosa ci piace o ci rende più felici, più di quanto noi siamo in grado di dirlo o spiegarlo.

E il tutto, che piaccia o no, può generare risparmi e minori sprechi.

Behavix ha condotto, nelle mense universitarie di Padova Nord Piovego e Agripolis, un primo  test con un monitoraggio della durata di quattro mesi e una seconda sperimentazione è stata condotta nell’ambito del progetto “Foodity” presso la mensa dei dipendenti dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza, in collaborazione con il Dipartimento di Agraria dell’Università di Padova.

Irene Ivoi

Mi sono laureata in industrial design con una tesi di economia circolare nel 1992. L’economia circolare in quel tempo non esisteva ma le ragioni per cui avrebbe dovuto esistere mi erano chiarissime. E per fortuna sono state la mia stella polare. Da sempre progetto strategie, comunicazioni, azioni, comportamenti ispirati ad un vivere più ricco di buon senso e con meno rifiuti.