Schiamazzi e rumori molesti sono i sostantivi che associamo alla parola Movida ogni volta che viene citata o evocata.
Come se praticarla sia difficile o impossibile senza produrre chiasso, rumore e schiamazzi.
In realtà produce anche scarso decoro, o meglio riduce quello esistente, perché chi beve e mangia dove capita in strada, spesso abbandona avanzi (carte, cartucelle e lattine), e bivacccare significa anche sedersi su marciapiedi, cofani di auto e spallette del fiume.
Un po’ di anni fa a Firenze, il sindaco Nardella, ora eurodeputato, annaffiò i marciapiedi di una nota strada “bivaccata” pensando così di distogliere i malcapitati dalla sosta indecorosa in terra. Peccato che facesse così tanto caldo in estate, che quell’acqua si tradusse in un beneficio invece che in una punizione dissuasiva e i bivacchi rimasero quasi indisturbati.
Ciò detto, gli aggregati d giovani (e meno giovani) che bevono e mangiano in locali e adiacenze, posti a fianco di palazzi e abitazioni residenziali, creano spesso problemi a chi ci abita.
E questi problemi hanno un nome: si chiamano rumore e perdita di decoro.
E siccome i residenti godono del diritto al sonno e al decoro, le pubbliche amministrazioni, se non intendono trasformare alcune aree cittadine in parchi giochi inabitati, se non da turisti e comitive vocianti, ascoltano e mediano queste esigenze.
Cosa sta succedendo a Bari
Nel quartiere liberty umbertino, dove esiste un discreto caos dato da concentrazione di pubblici esercizi e pubblico conseguente, da tre mesi ordinanze comunali anti movida caotica hanno restituito maggior pace ai residenti ma hanno altresì generato lamenti per i minori incassi da parte degli esercenti (a loro dire anche del 60-70%).
Ecco allora che questi ultimi, pur di non subire l’ordinanza restrittiva che comprometteva i loro guadagni ,hanno tentato una soluzione che ha debuttato da poco e che è, a mio avviso, un nudge in piena regola.
Hanno ottenuto una nuova ordinanza comunale che dà la possibilità di regolamentare la movida a proprie spese pur rispettando orari di apertura e chiusura, e somministrazione di bevande, previste.
I gestori dei locali hanno condiviso l’obiettivo di mantenere un ambiente sicuro, rispettoso e accogliente per tutti i clienti (turisti e residenti della zona) e si sono impegnati, quindi, a rispettare le normative vigenti, garantire la sicurezza pubblica, il rispetto della qualità della vita nell’area interessata aderendo ad un “codice di autoregolamentazione” che vede la partecipazione della quasi totalità degli esercenti operanti nella zona.
I punti chiavi di questo codice, che lo identificano come una spinta gentile, sono:
- la messa in campo di Street Controllers”, professionisti che nella zona garantiscono tranquillità e vivibilità, prevenendo comportamenti incivili. Tutti i giorni operativi dalle ore 22:00 alle ore 03:00, sono dotati di un distintivo riconoscibile e formati per interagire con i clienti.
- La creazione dei Noise Regulation Ambassadors: ogni locale tra i propri dipendenti individua questa figura che ha il compito di monitorare i livelli di rumorosità e aiutare i clienti al rispetto del “più silenzio per tutti”. è facilmente identificabile tramite un distintivo di riconoscimento ed è ad hoc formato anche per segnalare tempestivamente alle autorità competenti i comportamenti inappropriati.
- Ci saranno poi cartelli che invitano ad evitare rumori molesti e massima collaborazione con le forze dell’ordine.
Questa soluzione, sancita da un’intesa collaborativa tra gli esercenti e l’amministrazione comunale, sceglie la via indicata anche dal Viminale nel decreto del 21 gennaio 2025 in cui si fa riferimento all’articolo 21 bis del decreto legge 113/2018 che invitava già a stipulare accordi tra Prefetti e associazioni di categoria.
Stiamo parlando in questo caso di preferire la strada del dialogo e dell’evidenziazione del disagio arrecato nei confronti dei clienti, ossia gli attori della movida, invece che il rischioso rimprovero che quasi sempre irrigidisce chi lo subisce.
I rimproveri non sono mai sexy mentre un messaggio educato, anche se rivolto ad un probabile ineducato, accresce la probabilità di generare una riflessione fertile.
Io incrocio le dita e spero che questa soluzione dia frutti preziosi e diventi un esempio di come si può, su territori circoscritti e ben accuditi, ottenere dei buoni risultati.
Prendersi cura di un territorio, in questo caso di una comunità di persone ed attività commerciali, può generare anche nuovi buoni comportamenti per esempio di prevenzione e corretta gestione rifiuti.
Quindi una buona soluzione tesa a ridurre i disagi può aiutare la messa in campo di altri buoni comportamenti, di carattere ambientale, di cui l’intera comunità può giovarsi.
Foto: UNsplash