Giugno 5, 2024 Irene Ivoi

Progettare relazioni responsabili nella gestione dei rifiuti

Diversi mesi fa, era il 2023, navigando e curiosando notizie su Linkedin, leggo un post di Paolo Contò che annuncia l’uscita imminente del suo libro “La gestione responsabile dei rifiuti”, ed. Linea Edizioni.

Sarebbe stato presentato ad Ecomondo e la sinossi recitava parole ghiotte che mi hanno davvero incuriosito.

Paolo, che conosco da decenni, nella sinossi parla infatti di rifiuti ma anche di modelli di gestione che funzionano a dispetto di altri perché agiscono su meccanismi – a volte inconsapevoli – di partecipazione delle persone.

Si chiama Modello Responsabile.

Che musica sentir parlare chi si occupa di gestione rifiuti di responsabilità, comportamenti, e attenzione alle persone.

Visto che è esattamente grazie a loro che gli sforzi organizzativi di un sistema comunale o sovracomunale di gestione della spazzatura producono effetti buoni, soddisfacenti o sufficienti.

Partecipai alla presentazione ad Ecomondo, affollata di amici che da tempo non rivedevo, tante facce familiari seppur tutti con diversi capelli bianchi in più sulla testa, e mi è venuta voglia di leggere questo libro e anche sentire poi Paolo per uno scambio di idee.

Abbiamo parlato, a partire dal suo libro di errori, quelli che io amo osservare perché le insidie e le correzioni necessarie e conseguenti da mettere a terra partono sempre dal cosa e perché sbagliamo.

Cosa ci spinge per esempio ad abbandonare sacchetti invece di osservare le regole di prelievo? Cosa ci rende soggetti fuori controllo e quindi fuori dalle regole in una società normalmente governata da relazioni sociali che dovrebbero orientarci in direzioni benvolute dai più?

Paolo è un convinto assertore dell’importanza della responsabilità individuale e del contesto che condiziona i comportamenti degli individui. Egli dice “gli abbandoni di alcuni, anche se nascono da errori naif, diventano gli abbandoni di più persone perché si attiva una legittimazione collettiva e in un contesto degradato, chiunque arrivi si comporta male. Se per esempio il cassonetto non c’è o non è accessibile, chiunque può sentirsi autorizzato a lasciare un sacchetto dove capita visto che pagare le normali tasse per la loro gestione, attiva il ragionamento: poi qualcuno ci penserà! Serve quindi trovare la voglia, il tempo e le risorse per parlare alle persone, stabilire contatti individuali, esattamente come fanno le imprese con i loro fornitori. E allora meglio scegliere modalità di raccolta responsabilizzanti invece che modalità collettive, che non favoriscono il controllo e la tariffazione individuale.

Esse non favoriscono neppure una gestione delle relazioni che invece sono sostanziali e alimentano le nostre componenti interiori migliori”.

Le sue parole mi riportano all’importanza del design delle relazioni e all’ultraventennale “Modello Priula Treviso” (Paolo è direttore generale del Consorzio di bacino Priula) che costituiscono una testimonianza attiva di un matrimonio ben riuscito.

Quel bacino di oltre mezzo milione di abitanti (49 Comuni) può vantare una raccolta differenziata superiore al 90%, da cui quindi rimangono pochi chili di rifiuto per ogni abitante, con una forte attenzione alle relazioni con le persone che abitano quel territorio.

E lo hanno fatto senza sosta e senza pause con la trasparenza dell’ascolto, presidiando tanti canali di comunicazione, con un call center pronto e puntuale, con attività nelle scuole, con i netturbini di quartiere in grado di assicurare decoro, con i controlli da cui nascono campagne informative meglio indirizzate. A questo soprattutto dovrebbero servire difatti.

E le pagine in cui è spiegato il senso e il valore del controllo e dell’autocontrollo del sistema sono da incorniciare perché, nel rispetto della libertà individuale, parlano di responsabilità anche di sbagliare ma di assumersi le ovvie conseguenze che un modello responsabile ti pone di fronte inesorabilmente.

Da qui nasce il magico autocontrollo che in una relazione diretta tra operatore e utente (come quando in un centro mobile portiamo un rifiuto specifico) raggiunge la sublimazione del comportamento senza errori. Esattamente quando cioè una persona incontra un’altra persona (e non un anonimo cassonetto) attraverso un rifiuto.

 

Buona lettura !!

Irene Ivoi

Mi sono laureata in industrial design con una tesi di economia circolare nel 1992. L’economia circolare in quel tempo non esisteva ma le ragioni per cui avrebbe dovuto esistere mi erano chiarissime. E per fortuna sono state la mia stella polare. Da sempre progetto strategie, comunicazioni, azioni, comportamenti ispirati ad un vivere più ricco di buon senso e con meno rifiuti.