Aprile 5, 2023 Irene Ivoi

Occhiali nuovi per incernierare il Cambiamento tra Umano e AI

Da diverse settimane sto viaggiando nel mondo dell’AI chiedendomi quali prospettive e orizzonti siano in arrivo.

È un cammino iniziato quando Arkage mi ha chiesto di interpretare il concetto di cambiamento tra umano e artificiale nell’ambito del loro evento Re/Imagine del 28 marzo a Milano.

Ho così iniziato a leggere e anche intervistare persone che conosco.

Questi ultimi, salvo un circa 20%, un mese fa alla domanda “Conosci ChatGPT?” pensavano fosse una località sperduta delle Ande o una prossima meta turistica su cui chiedevo consigli.

E chissà che non lo diventi davvero una meta da traguardare, ovviamente non (solo) turistica.

Anche la mia prima reazione è stata di difesa

Ogni volta che il cervello deve imparare o capire qualcosa di profondamente nuovo, si difende perché costa fatica impiegare energie fresche per abbracciare un mindset totalmente diverso.

Più leggevo cosa faceva ChatGPT, che in quanto Demo sta facendo parlare di sé mezzo mondo e in 2 mesi ha già raggiunto 100 milioni di utenti (Instagram ci impiegò due anni e mezzo), più mi innervosivo.

Quando poi con ChatGPT4 qualcuno ha iniziato a definire vintage il primo ChatGPT ho pensato “Non ce la posso fare”.

La velocità, con cui questo strumento si materializza ed evolve, è una delle ragioni di spaesamento e inquietudine che genera.

Ma alla velocità di questi cambiamenti non c’è soluzione

Nel dibattito svoltosi il 28 marzo a Milano questo è emerso in modo ineludibile.

Dovremo abituarci a navigare queste nuove soluzioni e conviverci perché l’AI (che è già tra noi) sarà sempre più tra noi. E AI non significa solo ChatGPT, che attualmente monopolizza il dibattito tra sospensioni e allarmi, bensì tante altre utili applicazioni su cui alcuni settori produttivi (ancora pochi) si stanno interrogando.

Resistere ai mutamenti che comporterà sarebbe come se nella seconda metà degli anni ’90 ci si fosse opposti ad Internet.

Qualcuno ci ha provato con intensità e pervicacia (mio cognato per esempio) ma è stato solo un problema di tempo. Sono capitolati tutti, persino i più integralisti.

Infatti indelebile resta la domanda di Letterman nel suo format tv a Bill Gates nel 1995 “Ma cosa ce ne facciamo di Internet?” che suonava quasi come un “Ma ne abbiamo davvero bisogno?” e poi sappiamo come è andata.

 Per non fare la fine di quelli che useranno l’AI per scrivere i testi di un sito o di un post

Che sia un mezzo per raggiungere obiettivi con meno fatica e più velocemente è innegabile ma anche a condizione (nel caso di ChatGPT) di riuscire a verificare i contenuti generati (visto che le allucinazioni abbondano) e pensare al suo impiego con criteri differenti. Perché servono occhiali nuovi e meno scorciatoie.

Inoltre Resta la preoccupazione sul futuro del lavoro

L’ultimo rapporto sul welfare aziendale di Censis e Eudaimon “il valore delle nuove forme del lavoro nelle aziende” dice che “Teme di perdere il lavoro nel prossimo futuro il 42,6% degli attuali occupati” e anche la piattaforma OpenAI in marzo ha pubblicato uno studio affermando che il 50% di esso sarà interessato da profondi cambiamenti.

In Europa esiste un AI Act che definirà criteri applicativi rispettosi di persone e privacy, ma al netto di tale proposta di regolamento, molti intellettuali, filosofi e liberi pensatori, vivacissimi in rete, si chiedono che ripercussioni avrà.

Ne ho ascoltati parecchi

E vi dico che quasi tutti si arrampicano facendo ipotesi ma il sentimento che prevale è un immenso punto interrogativo.

Quasi nessuno osa profetizzare uno scenario come il più probabile rispetto ad un altro.

Il che vuol dire che siamo di fronte ad un ennesimo cambiamento di proporzioni indecifrabili che richiede tanta attenzione e per ora sospensione di giudizio.

Ma questo cambiamento sarà l’uomo a compierlo

Infatti….che si tratti di tecnologia, di business, di gestione di un processo o di un prodotto, i cambiamenti chiedono comportamenti che siamo noi umani ad agire.

Quindi Siamo noi la cerniera del tutto e saremo più capaci di affrontarli quanto più impareremo a conoscere quello che oggi non sappiamo senza scorciatoie e indossando lenti nuove.

È questo ciò che auguro a me e a tutti quelli che avranno voglia di usare il cervello: Regaliamoci nuovi occhiali per trovare la miglior bussola di fronte a questi orizzonti nuovi.

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Irene Ivoi

Mi sono laureata in industrial design con una tesi di economia circolare nel 1992. L’economia circolare in quel tempo non esisteva ma le ragioni per cui avrebbe dovuto esistere mi erano chiarissime. E per fortuna sono state la mia stella polare. Da sempre progetto strategie, comunicazioni, azioni, comportamenti ispirati ad un vivere più ricco di buon senso e con meno rifiuti.