Giugno 5, 2023 Irene Ivoi

Il design dell’attesa in un mondo che vuole essere frictionless

Perché ci interessa l’attesa?

Perché è un tempo che tutti detestano, vorrebbero estinguere e reputano inutile.

E sarei tentata di argomentare un articolo sull’importanza (per mente e spirito) di vivere dei tempi inutili. Ma per questo attenderò.

Mi concentro adesso su una più piccola riflessione solo sull’attesa che può anche essere un tempo di riflessione, di maturazione e di contrapposizione al “tutto e subito” a cui il digitale ci ha condannati.

Impossibile negarlo

L’attesa è rara grazie alla diffusione di mezzi connessi, specie in alcuni ambiti.

Chi è stato teen-ager o studente universitario nei due decenni del secolo scorso sa benissimo che qualsiasi compito da svolgere necessitava di attese e code.

Risposte, dati, documenti, telefonate, acquisti.

Quasi tutto quello che si faceva, era costellato di attese.

Adesso non sappiamo più aspettare la stagione giusta per mangiare frutta e verdura (anzi neppur la conosciamo), non sopportiamo le sale d’attesa in uno studio medico dove oramai si procede solo per appuntamenti strettissimi, alle poste non si attende quasi più il proprio turno grazie ad app che ti indirizzano ad orario giusto verso lo sportello dedicato, abbiamo quasi eliminato le biglietterie ferroviarie eliminando le attese del passato (che qualcuno di voi forse ricorda), nei supermercati spesso evitiamo l’attesa alla casse con marchingegni salvatempo, nessuno sa o immagina di potersi mettere in coda per telefonare….e l’elenco potrebbe allungarsi.

Una delle rarefazioni dell’attesa più impattanti riguarda il mondo dell’informazione: nessuno più attende l’ora del telegiornale o il quotidiano per conoscere la cronaca. Essa ci arriva nei modi più diversi anche se non la cerchiamo. E infatti i quotidiani (finché esisteranno) quasi non raccontano più notizie bensì opinioni e approfondimenti.

È ovvio che molto di tutto ciò dipenda dalla connessione perenne che ci regala risposte immediate senza le quali ci sembra di non sopravvivere e grazie alle quali siamo diventati incapaci di aspettare (e anche più intolleranti verso ogni spreco apparente o reale di tempo)

A che prezzo?

Quello di trascorrere molto tempo davanti a uno screen.

E ho già detto in più sedi che questo per i nostri occhi non è un toccasana.

Quello screen alle spalle ha qualcuno che genera contenuti capaci di azzerare le attese e offrirci menu vincenti.

Ma oggi vi racconto due piccole storie che recuperano il tempo dell’attesa e lo traducono in una esperienza, quindi in un’opportunità.

La prima storia risale a oltre 10 anni fa e ha per protagonista una pizza, quella di Domino’s che ordinata online ti arriva a casa.  Domino’s sapendo che l’esperienza di una pizza inizia quando la ordini ma la sua attesa può essere snervante, inventa “Smart Track My Pizza”. Un servizio su pc che trasforma l’attesa in un’esperienza e ti permette di sapere quando “Isabella” stenderà la pasta, la condirà e la infornerà, quando “Marco” la impacchetterà e tra quanto tempo Luigi arriverà a casa per consegnartela. E tu cliente potrai seguire il percorso sia della pizza che del rider sapendo perfettamente quando apparecchiare e accendere le luci. È bastato costruire un contatto con il back office di Domino’s per trasformare l’attesa in un semi gioco…e quando si ha fame bisogna esser bravi a farlo con successo.

La seconda storia l’ho appresa leggendo “Siamo tutti influencer” di Giampaolo Colletti. Protagonista è una catena di ristoranti di proprietà cinese nata 30 anni fa con sedi in Asia, ma anche Stati Uniti, Uk e Canada. Quindi anche in questo caso siamo alle prese con il cibo.

La catena si chiama Hadilao e tra le sue caratteristiche c’è anche il design dell’attesa. Infatti, per quanto incredibile possa sembrare, i clienti prima di mangiare vengono intrattenuti in svariate attività che nulla hanno a che fare con il cibo: massaggi, manicure, autolavaggio, attività ludiche per bambini, ecc.

Allora l’attesa può non essere solo un sentiero smarrito

E se Vi state chiedendo cosa c’entri tutto questo con il nudge…provo a spiegarvelo con parole mie.

Nel nudge i tempi con cui e in cui si intercetta l’attenzione del target a cui è rivolta la spinta gentile sono cruciali.

Sbagliare quei tempi, può far fallire un nudge o comunque può depotenziarne l’efficacia.

Quindi ci interessa il tempo dell’attesa perché è un vuoto apparente che si può riempire in modo sensato.

È cioè un tempo da progettare e non sottovalutare nel mosaico delle singole azioni da costruire, funzionali alla spinta gentile.

E per spiegarmi meglio: Se intendo cambiare i comportamenti di un gruppo di persone, devo necessariamente chiedermi non solo cosa dire o fare per spostarli verso il comportamento obiettivo ma anche in quale specifico frammento di tempo agire per intercettare la loro attenzione.

Il tempo di un’attesa diventa così un ingrediente progettuale.

 

Foto di Ritar Kivet

Irene Ivoi

Mi sono laureata in industrial design con una tesi di economia circolare nel 1992. L’economia circolare in quel tempo non esisteva ma le ragioni per cui avrebbe dovuto esistere mi erano chiarissime. E per fortuna sono state la mia stella polare. Da sempre progetto strategie, comunicazioni, azioni, comportamenti ispirati ad un vivere più ricco di buon senso e con meno rifiuti.