Ottobre 4, 2021 Irene Ivoi

Fiat lux…e fiat Nudge

Illuminare per dare evidenza.

Illuminare per ridurre il fare opaco.

Illuminare per rendere trasparenti azioni virtuose.

In sostanza ho deciso di iniziare ad interrogarmi sulla luce come possibile ingrediente di nudge, per così facilitare comportamenti da progettare.

Il tema è ampio, sicuramente lo riprenderò nel tempo, ma inizio con il ricordare un episodio di nudge inconsapevole (molto divertente scovarli nel tempo e nella storia).

Siamo nel ‘700, il secolo dei lumi mica per caso, e tante città europee crescono e inizia così la necessità di illuminarle di notte. Il primo paese fu la Francia (Parigi in modo organico nel 1667) ma nel ‘700 anche l’italia raggiunge questo traguardo: Venezia e Torino negli ’30 e nel 1770 Napoli.

I napoletani tuttavia non gradirono questa intromissione: strade illuminate significava non poter facilmente gabbare i malcapitati con lo stratagemma della corda tesa da un estremo all’altro dei vicoli per farli inciampare e poterli derubare.

Ecco quindi che i lampioni venivano danneggiati perché l’obiettivo era restare nell’ombra.

Fu così che Frate Gregorio Maria Rocco si fece la domanda giusta per ottenere strade più sicure: a quali condizioni i napoletani avrebbero accettato di uscire dal buio?

La sua idea fu semplice: ricorrere al sentimento popolare del timor di Dio e quindi fece appello alla loro religiosità e generosità.

Si fece autorizzare dal re la costruzione di edicole votive, altari dedicati Madonne (300) e crocifissi (100) da illuminare con candele.

I napoletani fecero a gara per dare loro rilievo anche notturno e Napoli vinse così la sua lotta per uscire (almeno parzialmente) dal buio.

Oggi questa storia può farci sorridere ma in realtà ha tanto da insegnarci perché ciò che fece quel Frate è stato proprio un nudge. E mentre nel 2020 proprio a Napoli un ragazzo morto, durante una rapina ad un carabiniere, viene celebrato con un discusso murales nei quartieri spagnoli, che il Tar nel 2021 ha disposto di cancellare, ci chiediamo come la luce possa favorire nuovi comportamenti?

Può essa ridisegnare un contesto per aiutarci a ripensare delle azioni? La domanda è da design puro.

Gli esempi sono innumerevoli. La luce nei contesti urbani (e non solo) è un catalizzatore di attenzioni. La luce è punteggiatura, è accento, è design.

La luce abilita infinite funzioni che la sua assenza mortifica per cui non intendo dilungarmi su concetti banali quali il degrado che prolifica laddove manca la luce.

Vi lascio, ma solo per ora, con una suggestione che spesso cito come esempio di design gentile:

si chiama “Foroba Yelen”: un lampione portatile realizzabile a mano quasi da chiunque e costituito da un telaio telescopico in tubi idraulici, una ruota da bici, una batteria da moto (che si ricarica con un pannello solare) e dei led. È un prodotto di Matteo Ferroni anche celebrato in più mostre, l’ultima nel 2019 al Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria. Nasce per portare la luce nei villaggi del Mali privi di illuminazione e aiutare così lo svolgimento di attività altrimenti impossibili di notte. Chi ha visto o conosciuto il buio dell’Africa può sicuramente capire la portata di questa piccola soluzione.

Ma sul tema della luce ci ritorno. PROMESSO!

Irene Ivoi

Mi sono laureata in industrial design con una tesi di economia circolare nel 1992. L’economia circolare in quel tempo non esisteva ma le ragioni per cui avrebbe dovuto esistere mi erano chiarissime. E per fortuna sono state la mia stella polare. Da sempre progetto strategie, comunicazioni, azioni, comportamenti ispirati ad un vivere più ricco di buon senso e con meno rifiuti.