Febbraio 2, 2022 Irene Ivoi

….e si finisce in vetrina

Anche se le vetrine odorano di riflettori, spesso alla ricerca di spot commestibili per troppi menu, tentiamo di mettere la sostenibilità in vetrina con la dovuta attenzione.

Da dove cominciamo?

Scrivendo questo articolo sulla mobilità mi sono detta “nessuna città ha mai pensato di essere un campione in mobilità alternativa?”

e quindi “quanto sarebbe ispirante sapere che esiste una città che invece di chiedere a turisti e visitatori di andarci per i propri musei, festival o mostre TI chiede di visitarla per fare una esperienza di mobilità sostenibile e funzionante?”.

Se qualcuno di voi ne conosce una che ha puntato tutto (o quasi) su questo, SCRIVETEMI.

Nell’attesa mi dico: ha senso mettere in vetrina la propria sostenibilità a 360°?

Ha senso rendere la propria sostenibilità una esperienza da VIVERE?

La risposta è OVVIAMENTE Sì.

E SE QUESTO è UN NUDGE, vi dico subito che lo può essere eccome!!!

Perché agirebbe sul bias della disponibilità, sul bias del framing e anche dell’effetto Gelo (o pre-engagement) e trasformerebbe tanti servizi/prodotti in opzione proposte con il default e in grado di animare un ecosistema sociale.

Persone cioè che creano relazioni nuove e si riconoscono in classi/gruppi coerenti poiché aderiscono a soluzioni sostenibili anche attraverso il principio della norma sociale che verrebbe impiegato per la progettazione di questi sistemi.

Ecco allora che essi diventano un’architettura nella quale accomodarsi e creare valore mai obbligato.

Non è un’utopia. Prima o poi ci arriveremo oppure da qualche parte del mondo ci siamo già arrivati ed io non lo so.

Vi racconto solo due piccole notizie che mi hanno fatto riflettere su tutto ciò.

La prima è che ad Helsinki dal 2019 esiste un’app Think Sustainably che Ti aiuta a trovare, con specifici filtri sulla sostenibilità, le scelte più adatte che toccano parecchi campi di azione : cibo, rifiuti, biodiversità, lavoro, energia, arte. Funziona attraverso l’autodichiarazione dei soggetti ma con recensioni e feedback degli utenti, che possono confutare affermazioni non corrispondenti a verità. I criteri sono stati aggiornati nel 2020 e 2021 e per ogni area di attività trovi delle proposte.

Ho così scoperto che a Helsinki esiste anche un negozio che si chiama Nudge. Mi sa che mi tocca andarci!!

 

Ciò che mi piace di questa storia è la diversità di settori che abbraccia. Potrebbe accoglierne anche di più, ma per ora è un bell’esercizio che tenta di uscire dai perimetri stretti (per es. della ristorazione tra ristoranti e bar, oppure lo shopping tra botteghe di prossimità ecc). è pur vero che In Italia abbiamo comuni che hanno costruito network di esercizi che si propongono sostenibili (valorizzati con campagne di comunicazione pubbliche) ma questa è un’operazione più allargata.

Io, se potessi progettarne una, creerei delle opportunità di conoscenza e quindi relazione tra i visitatori dei luoghi abbracciati. Cioè con meccanismi di elaborazione un po’ intelligenti tenterei di stimolare dei nuovi link anche tra persone che non si conoscono e usando il principio della norma sociale…però non è questa la sede per approfondire.

 

L’altra piccola notizia che mi ha fatto pensare alla sostenibilità in vetrina è questa app italiana a cura di Comune di Mantova e Mantova Ambiente – la società del Gruppo Tea che si occupa anche della cura del verde urbano.

Mi piace perché ben pensata, perché racconta il patrimonio verde con informazioni e modalità non usuali e spinge così la conoscenza trasformandola in voglia di esperienza. E le esperienze sono la vera chiave che fa la differenza tra sapere e agire. Essere a conoscenza non significa poi scegliere l’opzione migliore. Come dice Maya Angelou “ho imparato che le persone possono dimenticare ciò che hai detto e possono dimenticare ciò che hai fatto ma non dimenticheranno mai come le hai fatte sentire”. Ecco quindi che il COME si eroga la conoscenza diventa importante quanto se non più del COSA.

L’app mantovana si avvicina molto al nudge perché agisce nel solco del bias del frame e anche se non è un nudge da manuale, la strada è buona e va verso quel desiderio di mettere in vetrina la sostenibilità da cui è partito questo racconto.

Irene Ivoi

Mi sono laureata in industrial design con una tesi di economia circolare nel 1992. L’economia circolare in quel tempo non esisteva ma le ragioni per cui avrebbe dovuto esistere mi erano chiarissime. E per fortuna sono state la mia stella polare. Da sempre progetto strategie, comunicazioni, azioni, comportamenti ispirati ad un vivere più ricco di buon senso e con meno rifiuti.