Gennaio 22, 2023 Irene Ivoi

Mitigare la povertà culturale

Due anni fa l’amica e collega Daniela Congiu mi parla di un progetto di educazione a cui stava lavorando in grado di contrastare un’emergenza che non avevo mai definito così: povertà culturale.

Parole impegnative.

Suggestione preziosa e che coraggio attribuire alla parola povertà qualcosa che non odora di materia bensì di pensiero. Esattamente come quando parliamo di miseria d’animo.

Visto che la povertà culturale esiste, Cosa fare per contrastarla?

La fortuna di aver vissuto in un ambiente intellettualmente stimolante non succede a tanti.

E non sono tanti quelli che sentono o credono nel potere illuminante per esempio di un libro.

Vi sarà capitato di sentirvi dire: “ci vuole ben altro” oppure “la strada è stata la mia vera palestra di vita” ecc..

Tutte narrazioni legittime che arrivano da chi non pensa di imparare dai libri e quindi non ha stimoli sufficienti per acquistarli e praticarli.

Il sud del nostro paese con le edicole che scompaiono e le librerie che faticano è un esempio che conosco, poco mi piace e tanto mi fa riflettere.

L’amico Paolo Marcesini in un post su linkedin abbastanza recente ci ricorda che quando si ragiona per esempio di strumenti che spingono le persone a comprare libri (sconti, social network, passaparola, ecc), spesso non si considera l’elefante nella stanza: l’assenza di curiosità motivante.

Ecco quindi che si affaccia un bel tema, quello dei contesti familiari privi di libri e anche di domande e stimoli che portino alla lettura.

 Si può agire sull’accesso ai libri anche con dei nudge?

Secondo me sì, a condizione di scegliere dei comportamenti precisi su cui intervenire.

Per esempio, se andare in libreria è un comportamento assente nel mio vocabolario, posso arrivare ai libri bypassando la libreria?

 Ecco due idee che non sono dei veri nudge ma si ispirano ad alcuni principi della spinta gentile

Una campagna che su questo mi ha divertito e fatto pensare è “Hungry for Culture”. realizzata in occasione dell’ultimo BookCity a Milano da Bennet, nota sigla della grande distribuzione. L’operazione è stata lanciata solo sui social e nasce dall’ idea che la cultura è un bisogno primario quanto il cibo, perché la cultura nutre la nostra mente, stimola la nostra curiosità, fa crescere i nostri pensieri, accende le nostre emozioni.

“Pancia e saggezza crescono insieme” diceva Charles Dickens

Ed ecco quindi che Bennet in un supermercato materializza nei banchi dei reparti di macelleria, pescheria e ortofrutta diversi libri, confezionati esattamente come se fossero alimenti che chiedono di essere comprati.

Al netto dei risultati prodotti dall’iniziativa, che non sono stati ancora divulgati, il suo pregio sta nell’aver collocato i libri in un contesto destabilizzante (gli scaffali e i banchi del fresco) stimolando a pensare che il nutrimento di cui dovremmo aver bisogno non è solo quello che soddisfa la pancia.

Questo è un gesto coraggioso, seppur piccolo, capace di disorientare le persone e farle uscire da una comfort zone apparentemente inscalfibile, agisce sull’ effetto Von Restorff, spesso usato nel guerrilla marketing, che consiste nell’inserire elementi disomogenei in un contesto omogeneo, e attiva una probabile reazione (si spera) positiva, non necessariamente immediata.

 E poi ci sono le Little Free Library

Un’altra piccola azione che si può agire in contesti urbani per orientare alla lettura è quella delle Little Free Library. Sono delle minicasette in legno aperte, accessibili per chiunque, posizionate in parchi, parcheggi, strade pedonali (agganciate spesso ad alberi o pali di insegne stradali) che contengono libri di cui qualcuno si libera e qualcun’ altro può prendere. Tutto avviene all’insegna della gratuità più totale favorendo le relazioni e l’accesso ai libri. È un fenomeno che nasce negli Usa più di dieci anni fa ma la buona notizia è che si diffondono anche in Italia, seppur a macchia di leopardo.

Spesso esistono grazie all’impegno di pubbliche amministrazioni, circoscrizioni di quartiere, associazioni o semplici attivisti. Il risultato, difficile da misurare, produce lettura di libri.

E Se il loro target fosse costituito da persone prive di accesso ai libri, la loro funzione sarebbe davvero pregiata (oltre che allineata a obiettivi di corporate sociale responsability) perché di accrescimento culturale di un pezzo di società civile.

A ciò si aggiunge il fatto che potrebbero essere l’oggetto di attività educative quindi adottate da studenti affinché siano ordinate e ben gestite e da loro realizzate impiegando legni di risulta.

in copertina foto di un’opera di Black Well 

Irene Ivoi

Mi sono laureata in industrial design con una tesi di economia circolare nel 1992. L’economia circolare in quel tempo non esisteva ma le ragioni per cui avrebbe dovuto esistere mi erano chiarissime. E per fortuna sono state la mia stella polare. Da sempre progetto strategie, comunicazioni, azioni, comportamenti ispirati ad un vivere più ricco di buon senso e con meno rifiuti.